L’IA “noiosa”, elemento chiave per il futuro dell’Europa

L’intelligenza artificiale, soprattutto nella sua applicazione più visibile come l’IA generativa, è al centro delle trasformazioni globali. Ma il vero valore dell’IA risiede spesso in ciò che Stefano Quintarelli su La Repubblica definisce “IA noiosa”. Si tratta di un utilizzo consolidato e meno spettacolare di sistemi intelligenti per ottimizzare logistica, ridurre scorte, difettosità e inefficienze nei processi aziendali. Questo tipo di approccio, apparentemente meno ambizioso, si rivela spesso fondamentale per migliorare la marginalità delle imprese rispetto ai concorrenti che non lo adottano.

L’impatto sui modelli di business

La capacità di queste applicazioni di ottimizzare funzioni specifiche, pur lontana dai riflettori, ha effetti dirompenti sull’efficienza operativa. Le aziende che adottano questa tecnologia ottengono un vantaggio competitivo significativo, soprattutto in un contesto di globalizzazione che richiede rapide risposte a cambiamenti di mercato.

L’Europa di fronte al bivio dell’innovazione

Secondo Quintarelli, l’Europa potrebbe non soccombere alla pressione di giganti come gli Stati Uniti e la Cina, a patto di acquisire consapevolezza delle proprie risorse. La differenza principale non è tecnologica ma legata alla disponibilità di capitali: il vecchio continente soffre di un sistema finanziario prudente, che limita le scommesse su innovazioni audaci.

Il rischio maggiore, tuttavia, è quello di una deregolamentazione incontrollata come quella che potrebbe affermarsi negli Stati Uniti. Qui, figure come Elon Musk stanno spingendo per eliminare restrizioni sulla guida autonoma e altre applicazioni dell’IA. Al contrario, la Cina si orienta verso soluzioni collettive, con meno riguardo per i diritti individuali ma con una regolamentazione più rigorosa.

Le sfide dell’IA generativa

I grandi modelli linguistici (LLM), come ChatGPT, Gemini e Claude, stanno cambiando il modo in cui si producono e si consumano informazioni. Tuttavia, la tendenza a generare contenuti inesatti o “allucinazioni” rappresenta una minaccia per la qualità delle informazioni stesse. Quintarelli paragona questi modelli a “stagisti digitali” che possono essere utilissimi ma richiedono supervisione costante.

Un futuro di speranze e incertezze

Guardando al 2025, le domande sul futuro dell’IA restano molte: emergerà una vera intelligenza artificiale superiore a quella umana? Gli Stati Uniti domineranno il mercato o l’Europa riuscirà a mantenere la sua identità etica?

Quello che è certo, conclude Quintarelli, è che l’adozione dell’IA, sia nella sua forma più innovativa che in quella “noiosa”, sarà un elemento chiave per il progresso. Ma per sfruttare appieno questo potenziale, l’Europa dovrà ritrovare il coraggio di investire su se stessa e mantenere alta la propria bussola valoriale.


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L’Italia ha il più alto numero di imprenditrici in UE

Nonostante continuiamo ad avere il tasso di occupazione femminile più basso d’Europa, l’Italia presenta, in termini assoluti, il numero più elevato di lavoratrici indipendenti. Nel 2023, le donne italiane in possesso di partita IVA che lavorano come artigiane, commercianti, esercenti o libere professioniste ammontano a 1.610.000, a fronte di 1.433.100 presenti in Francia e 1.294.100 occupate come autonome in Germania. Un record europeo che evidenzia ulteriormente la notevole propensione degli italiani, sia maschi che femmine, all’imprenditorialità. A segnalarlo è l’Ufficio studi della CGIA.

L’assoluto primato delle imprenditrici assume una rilevanza ancor più significativa se consideriamo che la popolazione femminile italiana in età lavorativa, compresa tra i 20 e i 64 anni, è costituita da 17.274.250 persone; al contrario, la Francia registra un surplus di 1,9 milioni di donne rispetto a tale cifra e la Germania supera addirittura il nostro dato di ben 7,3 milioni.

QUASI 8 DONNE SU 10 GUIDANO UN’IMPRESA DI SERVIZI O COMMERCIALE

Circa il 56 per cento delle donne imprenditrici attive nel nostro Paese è impiegato nel settore dei servizi alla persona (quali parrucchiere, estetiste, tatuatrici, massaggiatrici, pulitintolavanderie, ecc.) e nei servizi alle imprese (in qualità di titolari o socie di agenzie di viaggio, agenzie immobiliari, imprese di pulizie, noleggio di veicoli, agenzie pubblicitarie, fotografe, video maker, studi di commercialisti e consulenti del lavoro). Inoltre, poco meno del 20 per cento opera nel commercio, mentre poco oltre il 10 per cento è attivo nell’Horeca e circa un ulteriore 6 per cento nell’industria, medesima percentuale si riscontra anche nell’agricoltura.

A DIFFERENZA DEI MASCHI, LE DONNE ASSUMONO DONNE

Il basso tasso di occupazione femminile in Italia è principalmente attribuibile all’elevato carico di lavoro domestico che grava sulle spalle delle donne. Purtroppo, il nostro Paese ha storicamente investito in misura limitata nello sviluppo dei servizi sociali e della prima infanzia, penalizzando le donne in modo duplice. In assenza di adeguati investimenti in questi ambiti non sono stati creati nuovi posti di lavoro che avrebbero potuto essere occupati prevalentemente da donne. Numerosi studi a livello internazionale dimostrano come l’imprenditoria femminile possa rappresentare una chiave per incrementare l’occupazione femminile; infatti le donne che fanno impresa tendono ad assumere altre donne in misura significativamente maggiore rispetto ai loro colleghi maschi.

L’AUTOIMPIEGO COME STRUMENTO PER TORNARE NEL MERCATO DEL LAVORO E CONSEGUIRE I PROPRI SOGNI 

La letteratura specializzata evidenzia almeno due fattori che motivano le donne a intraprendere un percorso imprenditoriale. Il primo è strutturale ed è correlato alla condizione socio-economica: situazioni di disoccupazione, tradizioni familiari o la presenza di incentivi economici inducono a considerare l’imprenditorialità come necessità. Il secondo fattore è motivazionale e concerne ragioni intrinseche che spingono le donne ad abbracciare tale opportunità; questo aspetto sembra rispecchiare maggiormente la sensibilità femminile. Grazie all’autoimprenditorialità, le donne possono gestire con maggiore flessibilità gli impegni lavorativi insieme a quelli familiari. Inoltre, coloro che si trovano in condizioni di inattività a causa della nascita di un figlio incontrano notevoli difficoltà nel reinserirsi nel mercato del lavoro. L’autoimpiego si è affermato come uno degli strumenti più efficaci per riconquistare protagonismo nella propria vita professionale e realizzare i propri obiettivi e aspirazioni nella speranza di ottenere risultati economici gratificanti e una maggiore indipendenza.

A CAGLIARI, BENEVENTO E AVELLINO LE PROVINCE DOVE L’INCIDENZA DELLE IMPRESE FEMMINILI SUL TOTALE E’ MAGGIORE

In Italia sono le province del Mezzogiorno a registrare l’incidenza percentuale più elevata di imprese a conduzione femminile sul totale delle attività presenti in ciascuna delle 105 realtà territoriali monitorate dall’Ufficio studi della CGIA. A guidare la graduatoria nazionale è Cagliari con il 40,5 per cento delle attività guidate da donne sul totale provinciale (in valore assoluto sono 13.340). Seguono Benevento con 30,5 per cento (9.227), Avellino con il 30,2 per cento (11.149), Nuoro con il 29,3 per cento (6.743) e Chieti con il 28,9 per cento (11.009). La prima provincia del Nord è La Spezia che si colloca al 18° posto a livello nazionale con una incidenza del 26,4 per cento (4.582). Se, invece, riformuliamo la classifica nazionale in base al numero assoluto di imprese femminili, in vetta scorgiamo la Città Metropolitana di Roma con 76.519 attività “in rosa” (pari al 22,7 per cento del totale delle imprese presenti a livello provinciale). Seguono Milano con 57.341 (17,9 per cento), Napoli con 55.904 (21,7 per cento), Torino con 44.051 (22,4 per cento) e Bari con 27.975 (28,9 per cento) (vedi Tab. 3).


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Separazione delle carriere, primo provvedimento in ordine del giorno alla Camera l’8 gennaio

Roma – “L’augurio che faccio a tutti noi e alla comunità nazionale per il 2025 è mettere nello zaino solo quello che è davvero utile per andare più veloce e riuscire a vedere quello che è davvero essenziale”. Con queste parole, la premier Giorgia Meloni ha inaugurato Piazza Pia a Roma, un evento dedicato al Giubileo, in presenza del vicepremier Matteo Salvini.

Un messaggio simbolico che sembra rivolto anche alla maggioranza di governo, per sottolineare la necessità di mantenere la stabilità, chiudendo la porta a ipotesi di rimpasti, come quella ventilata da Salvini dopo l’assoluzione sul caso Open Arms. L’idea del leader della Lega di tornare al Viminale appare per ora accantonata.

Riforme in arrivo: separazione delle carriere in primo piano

Il 2025 si preannuncia un anno cruciale per il governo, con le riforme al centro dell’agenda. La separazione delle carriere dei magistrati sarà il primo provvedimento in discussione alla Camera l’8 gennaio, dopo la pausa natalizia. Una priorità condivisa non solo dalla premier, ma anche dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, Forza Italia e lo stesso Salvini.

La proposta, fortemente contestata dall’Associazione Nazionale Magistrati, trova però un consenso trasversale: Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi hanno espresso sostegno, complici anni di inchieste politiche finite nel nulla.

Autonomia differenziata e premierato: riforme in salita

Se la separazione delle carriere sembra su un binario preferenziale, il destino dell’autonomia differenziata appare più incerto. La legge Calderoli ha subito un duro colpo dalla Corte Costituzionale con la sentenza 192 del 14 novembre, che ne ha ridimensionato la portata. Inoltre, l’attesa per il giudizio sull’ammissibilità del referendum abrogativo previsto a gennaio potrebbe ulteriormente rallentare il processo.

Non meno complesso il percorso del premierato, fermo alla Camera dopo il primo via libera del Senato a giugno. Ostacolato da questioni irrisolte, come la legge elettorale necessaria per eleggere il premier, e dalla possibile sovrapposizione con il referendum sull’autonomia, il progetto resta in una fase di pausa strategica.

Le sfide del 2025: riforme e stabilità

Meloni punta a fare della riforma della giustizia il pilastro del suo governo, consapevole che le altre proposte potrebbero dividere ulteriormente l’elettorato. Se il referendum sull’autonomia sarà bocciato, il premierato potrebbe tornare al centro del dibattito. In caso contrario, l’esecutivo si concentrerà sulle riforme meno divisive per mantenere la coesione nella maggioranza e fronteggiare le sfide del nuovo anno.


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Pubblicato il bando per 54 dirigenti al Ministero della Giustizia

Il Ministero della Giustizia ha pubblicato sul proprio sito l’avviso relativo a un nuovo concorso pubblico, indetto dalla Direzione generale del Personale e della Formazione del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria. Si tratta di un’opportunità per l’assunzione a tempo indeterminato di 54 dirigenti di seconda fascia presso il Dipartimento per l’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi.

Come partecipare
Le candidature devono essere inviate esclusivamente per via telematica attraverso il Portale “inPA”, dove è disponibile il bando completo. Gli interessati devono autenticarsi tramite SPID, CIE, CNS o eIDAS e compilare il modulo online. È indispensabile disporre di un indirizzo PEC personale o di un domicilio digitale.

Il termine per la registrazione, la compilazione e l’invio della domanda è fissato alle ore 23:59 del 6 febbraio 2025. La scadenza, perentoria, decorre dal giorno successivo alla pubblicazione dell’avviso sul Portale “inPA” e sul sito del Ministero.

Le prove d’esame
Il percorso selettivo prevede due prove scritte e una prova orale. Il concorso, che non veniva bandito dal 2007, mira a colmare le carenze di organico negli uffici giudiziari, ricercando candidati con competenze specifiche nella gestione di questi ambiti.

Obiettivi del bando
Con questo concorso, il Ministero punta a rafforzare la struttura amministrativa degli uffici giudiziari, in un’ottica di miglioramento dell’efficienza e della funzionalità del sistema giustizia.

Per ulteriori dettagli, è possibile consultare la scheda di sintesi disponibile sul sito ufficiale del Ministero della Giustizia e sul Portale “inPA”.


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Dimissioni capo DAP. Delmastro smentisce: nessuna tensione con Giovanni Russo

«Nessun clima teso, nessun problema con Giovanni Russo»: così il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove smentisce le ricostruzioni che ipotizzano forti frizioni con l’ormai ex capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), dimessosi venerdì scorso. Secondo alcune fonti, Russo sarebbe stato “dimissionato” proprio da Delmastro, sottosegretario di Fratelli d’Italia, per via della sua testimonianza nel processo che vede Delmastro imputato per rivelazione di segreto d’ufficio, nell’ambito della vicenda legata all’anarchico Alfredo Cospito.

Russo, infatti, aveva dichiarato in aula che i documenti del Gruppo operativo mobile e del Nic inviati a Delmastro erano “a limitata divulgazione” e che, pertanto, non avrebbero dovuto uscire dall’amministrazione, né finire nelle mani del deputato Giovanni Donzelli, il quale poi ne aveva divulgato il contenuto alla Camera. Secondo alcune ricostruzioni, questa testimonianza avrebbe creato un clima ostile intorno a Russo, spingendolo a dimettersi. Tuttavia, Delmastro ribatte: «Esiste la libertà di informazione, come quella di disinformazione. Ho letto i retroscena su alcuni giornali, ma ribadisco che non sono veri».

Alcune voci interne al Dap riferiscono che il sottosegretario avrebbe ironizzato con alcuni magistrati sulla loro attenzione ai diritti dei detenuti, ma anche questa circostanza è stata smentita da Delmastro: «Non ho mai interloquito con magistrati della Direzione generale dei detenuti, non avendo quella delega. Quando visito il Dap parlo con molte persone, ma non ho mai pronunciato simili affermazioni».

Giovanni Russo, nominato a capo del Dap l’11 gennaio 2023, lascia ora per un incarico alla Farnesina come consigliere giuridico, posizione che, pur di rilievo, non ha lo stesso prestigio del ruolo di guida del Dipartimento. Al suo posto subentrerà Lina Di Domenico, attuale vice del Dap e prima donna alla direzione del Dipartimento. Magistrato di Sorveglianza a Novara in passato, Di Domenico è nota per il suo rigore e la sua competenza.

Intanto, la transizione alla guida del Dap potrebbe subire ritardi a causa delle festività natalizie, con il passaggio di consegne previsto non prima del 7 gennaio. Rimane incerta anche la partecipazione di Russo alla cerimonia dell’apertura della Porta Santa da parte di Papa Francesco nel carcere di Rebibbia, prevista per il 26 dicembre.

Sul caso, Nessuno tocchi Caino ha espresso rammarico: «Siamo profondamente dispiaciuti per le dimissioni di Giovanni Russo, persona straordinaria, di grande rigore e umanità. Il Dap necessita di una riforma profonda per garantire efficienza costituzionale ed europea. Auguriamo buon lavoro al nuovo Presidente».


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Al contrario, il settore civile ha visto un aumento delle pendenze, con 2.880.777 procedimenti pendenti, pari a un incremento del 2,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo aumento, tuttavia, non segna un’inversione di tendenza, ma è legato all’incremento delle iscrizioni presso il Giudice di pace, soprattutto per quanto riguarda procedimenti monitori, come ingiunzioni e convalide di sfratto.

In positivo, prosegue la diminuzione dell’arretrato civile, con una riduzione del 10% in Corte di Cassazione e in Corte d’Appello e del 12% nei Tribunali. Questo andamento riflette gli sforzi per ridurre i tempi di attesa e migliorare l’efficienza del sistema giudiziario civile, sebbene l’aumento delle pendenze rappresenti una sfida ancora da affrontare.


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“Grave è stata invece la decisione politica di autorizzare questo processo, in contrasto con la legge costituzionale che tutela la carica ministeriale” continua Nordio “Processi come questo, fondati sul nulla, rallentano l’amministrazione della giustizia e sprecano risorse. Dopo l’agonia del processo Stato-mafia e questa assoluzione, credo sia necessaria una riflessione sul nostro sistema imperfetto”.


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ROMA – “La Giunta dell’Unione delle Camere penali, con il comunicato diffuso il 21 dicembre, mostra scarsa lucidità nella lettura dei fatti in commento, ossia le assoluzioni pronunciate nei confronti del senatore Renzi e del ministro Salvini nei processi, rispettivamente, di Firenze e di Palermo. È quanto meno bizzarra l’idea che l’assoluzione di due esponenti politici stia a dimostrare che una parte della magistratura è intenta a “fare carriera” e “gestire il potere”. Si dimentica che in un sistema democratico e liberale i processi si fanno per accertare i fatti e non per validare verità precostituite; che i processi che si concludono con un’assoluzione non sono per ciò solo inutili; che in un sistema retto dall’obbligatorietà dell’azione penale, attuazione piena dei principi di uguaglianza e di legalità processuale, i processi sono iniziati per valutazioni non di convenienza, meno che mai politica, ma d’ordine tecnico, sull’ esistenza di fatti che meritano di essere approfonditi dinanzi ad un giudice; che il risultato della giustizia si valuta, non per l’esito di condanna o assoluzione, ma per il rispetto delle regole che presiedono all’avvio di un procedimento penale e alla successiva valutazione in giudizio, regole che la magistratura, unitamente all’avvocatura, garantisce ogni giorno, tra mille difficoltà, nelle aule di giustizia”. Così in una nota la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati.

“È poi dissennata l’accusa alla magistratura di aver fatto uso politico, addirittura a tratti eversivo, dello strumento giudiziario. Accusa tanto grave quanto generica, perché non si dice quando e in che modo, e ad opera di chi, siano stati assunti atteggiamenti eversivi. La Giunta dell’Unione, come altri prima, si sottrae ad un uso responsabile delle parole. Se giunge a tanto evidentemente è per la grande difficoltà in cui si trova da tempo, che tenta di superare sostenendo una riforma, la cd. separazione delle carriere, fortemente voluta dalla politica, e la cui reale portata, tutt’altro che liberale, riesce a nascondere solo a chi non vuol vedere”, conclude la nota.


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Il mercato delle criptovalute, nonostante in Italia sia ancora marginale, sta registrando una crescita significativa, con gli investitori che vedono un’opportunità di guadagno che supera i 100 mila dollari. Tuttavia, il governo italiano non può più ignorare l’esistenza di un fenomeno che, seppur recente, ha generato enormi fortune, rendendo necessaria una regolamentazione fiscale adeguata. L’anno scorso, le entrate fiscali derivanti dalle criptovalute sono state inferiori alle aspettative, con solo 27 milioni di euro versati da circa 22.500 contribuenti, a fronte di 1,3 milioni di possessori di criptovalute. Mentre la politica fiscale rimane favorevole agli investitori con aliquote ancora basse, il governo italiano sta pianificando una possibile revisione, che includerebbe l’eliminazione della franchigia fino a 2.000 euro, penalizzando in particolare i piccoli investitori.

Negli Stati Uniti, la situazione è più complessa, con il presidente Donald Trump che ha preso una posizione decisa sul futuro delle criptovalute. A partire da giugno, Trump ha iniziato a presentarsi come il leader di una nuova era di ricchezza digitale, promettendo di abbattere le attuali normative e rimuovere le restrizioni sulla creazione di una nuova moneta virtuale. L’ex presidente ha sostituito Gary Gensler alla guida della Securities and Exchange Commission (SEC), ponendo Paul Atkins, un favorevole alle criptovalute, come nuovo capo dell’agenzia. Questo cambio di direzione ha suscitato preoccupazioni tra gli esperti, che temono un conflitto di interessi, poiché Trump ha già dichiarato la sua intenzione di far diventare le criptovalute una risorsa per la gestione del debito pubblico americano.

Ma oltre ai conflitti d’interesse e alle polemiche, il cambiamento di rotta proposto da Trump potrebbe avere conseguenze di vasto respiro sul sistema economico globale. Se da un lato l’amministrazione Trump sembra voler abbattere le regole esistenti, dall’altro la sua gestione potrebbe portare a una ridefinizione del valore reale del denaro, ponendo le criptovalute come alternativa alla moneta tradizionale. In questo scenario, il presidente potrebbe anche cavalcare l’onda anti-istituzionale che ha già alimentato la sua ascesa politica, promuovendo una visione della moneta come “credenza” piuttosto che come strumento tangibile di valore. Il futuro delle criptovalute, dunque, appare legato a una doppia sfida: quella fiscale e quella politica, che rischiano di intersecarsi e creare un nuovo ordine economico.


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Giustizia: Nordio rilancia sulla separazione delle carriere e risarcimenti per errori giudiziari

ROMA – Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha definito il proscioglimento di Matteo Salvini nel processo Open Arms un «segnale plurimo», articolando la sua riflessione in quattro punti.

Nordio ha evidenziato anzitutto la professionalità della magistratura italiana: «Abbiamo la stragrande maggioranza di magistrati preparati e coraggiosi, che applicano la legge prescindendo dalle loro idee politiche». Ha poi criticato il processo, definendolo «fondato sul nulla» e sostenendo che «non sarebbe nemmeno dovuto iniziare». Il ministro ha inoltre sollevato la questione dell’eventuale coinvolgimento di Giuseppe Conte, all’epoca presidente del Consiglio, non chiamato in causa a differenza di Salvini.

Nel suo quarto punto, Nordio ha affrontato il tema della responsabilità dei magistrati, proponendo che si pensi a risarcire le persone che, a causa di errori giudiziari, perdono salute, risparmi e lavoro. Una proposta accolta con favore da Enrico Costa (Forza Italia), che ha annunciato la presentazione di una proposta di legge in tal senso.

Nel frattempo, la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti resta un obiettivo centrale per il governo, sostenuto anche dal vicepremier Salvini.

Le dichiarazioni del ministro hanno alimentato il dibattito. La Giunta delle Camere Penali, dopo l’assoluzione di Salvini e Renzi, ha accusato la magistratura di un «uso politico dello strumento giudiziario con tratti eversivi». L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha replicato definendo «dissennata» tale accusa, sottolineando che «i processi si fanno per accertare i fatti e non per validare verità precostituite».

L’esecutivo Meloni, intanto, preme sull’acceleratore per riformare la giustizia, promettendo nuove iniziative nelle prossime ore.


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